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alexapple

Sermones de lingua Latina

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Un topic di fun fact sul latino. Ogni tanto verrà aggiornato con nuove osservazioni, numerate.

1) I latini concretizzano. Noi diciamo: "Mi sta a cuore la tua salute", loro: "Mea refert te valere" (lett. Mi interessa che tu stia bene); oppure, dicono: "credo nell'esistenza di dio" con "Puto deum esse" (lett. credo che Dio c'è). Pensate che per loro "natura" è "rerum natura", letteralmente "la natura, l'origine delle cose".

2) In dipendenza da espressioni indicanti timore (verba timendi), la dipendente (chiamata "completiva volitiva") è "al contrario". Data la frase "Temo che arrivino i nemici", il latino la esprime con "Timeo ne hostes veniant", mentre di norma una completiva affermativa si esprimerebbe con ut, il quale, in dipendenza da verbi di timore, assume il significato di "che non" anziché di "che" ("Temo che non vengano portati i viveri" -> "Timeo ut res frumentaria fertur"). Il perché di questo scambio? In origine questo costrutto era paratattico, ossia formato da due proposizioni coordinate. Suonava più o meno così: "Timeo: ne hostes veniant!", ossia "Ho paura: che i nemici non vengano!". La prima frase stava ad indicare l'aver paura, la seconda era costituita da un congiuntivo ottativo che esprimeva l'augurio che non si verificasse qualcosa di cui si temeva il verificarsi.

3) Rigorosissima è la conservazione dei rapporti cronologici fra le azioni. "Quando lo vedrai, te ne accorgerai" in latino diviene "Quando lo avrai visto, te ne accorgerai": prima lo vedi, poi te ne accorgi; la legge dell'anteriorità è ferrea.
Un altro stupendo esempio è l'uso del participio perfetto in frasi del tipo: "Hostes urbem captam incenderunt", lett. "I nemici incendiarono la città conquistata". In una traduzione un po' più corretta e meno letterale, si direbbe "I nemici, dopo aver conquistato la città, la incendiarono", oppure, attraverso l'uso di due coordinate, "I nemici conquistarono la città e la incendiarono". Ah, quanto è efficace questa lingua. Sinteticità e rigore.

4) Prima che me ne dimentichi, non mi trattengo dal citare un'espressione appena studiata. È una determinazione di tempo che risponde alla domanda "ogni quanto tempo?". In latino si esprime con l'ablativo del numerale ordinale, aumentato di un'unità, accompagnato da quisque.
"Ogni cinque anni", per esempio, si dice "Sesto quoque anno" (lett. in ciascun sesto anno). Anche questo, pensandoci, ha un suo perché.

5) Sapete come si dice "informare" in latino? Certiorem facere, letteralmente "fare più certo", ossia "mettere al corrente". Seguono l'accusativo della persona informata (certiorem è predicativo dell'oggetto), un de e l'ablativo o un genitivo della cosa di cui si informa, sostituita eventualmente da un'intera proposizione completiva infinitiva o volitiva.

 

6) Diverse sono le opinioni su infiniti introdotti da preposizione dipendenti da verbi indicanti esortazione, sforzo, preghiera. Quanto all'italiano, alcuni ritengono, data ad esempio la frase "Il comandante esorta i soldati a combattere valorosamente", che "a combattere" sia una finale; altri la vedono come un'oggettiva (e questa è la scuola di pensiero che condivido).

D'altronde i latini, anni e anni fa, avevano già risolto facendo seguire a verbi indicanti cura, fatica, sforzo, esortazione, comando, preghiera una proposizione completiva volitiva. In sostanza, è una proposizione uguale alla finale (ut o ne + consecutio della contemporaneità), ma non è una circostanziale, ossia non svolge il ruolo che avrebbe un complemento di fine nella frase semplice, bensì il ruolo di oggetto. Esortare, da solo, non significa nulla. Pertanto, poiché quell'infinito ("a combattere") è una determinazione necessaria affinché il significato della frase sia completo, la proposizione in questione non è di certo una finale, ma una completiva volitiva. 

A patto che quest'ultimo tipo di classificazione non sia una mera invenzione dei grammatici. Sappiate, comunque, che "pregare affinché" è qualcosa di orrendo.

 

7) Ai latini piaceva tanto concatenare i fatti. Oltre all'evidente e abbondante uso di strutture participiali (congiunte ed assolute, di cui certamente farò menzione più avanti), è frequentissimo l'uso del "cum historicum", o "cum narrativum", o "proposizione narrativa", o, molto più semplicemente ed efficacemente, "cum e il congiuntivo". L'ambiguità di questo costrutto tra il valore temporale e causale è tale da esplicitare al meglio le circostanze in cui un fatto avviene. L'unico costrutto con sfumatura analoga di significato è il nostro gerundio (che è il modo con cui la prassi scolastica consiglia di tradurre il cum + congiuntivo). Peccato che, se non vogliamo ridurci a tradurre periodi del tipo "Cum consul dilectus habere statuisset et hostes appropinquarent, senatus decrevit ut cives urbem relinquerent", "Avendo il console stabilito di tenere le leve e avvicinandosi i nemici, il senato deliberò che i cittadini abbandonassero la città", i quali periodi finirebbero per essere illeggibili, il valore, temporale o causale, va esplicitato con una congiunzione ed un verbo di modo finito. Sebbene si perda il vero carattere di questo costrutto, si arriva ad una traduzione ben più scorrevole: "Dal momento che il console aveva stabilito di tenere le leve e i nemici si stavano avvicinando, il senato deliberò che i cittadini abbandonassero la città". Sappiate anche che, fra tutte le innumerevoli congiunzioni causali che l'italiano possiede, "dal momento che" è quella che più si avvicina alla sfumatura temporale.

 

8) Il verbo "sposare" si traduce in due modi. Se è detto di uomo che sposa una donna, allora si utilizza l'espressione "uxorem ducere aliquam", "sposare una", letteralmente "condurre una in moglie": si allude al fatto che lo sposo, al termine delle cerimonie, conducesse alla propria dimora la moglie. Se è detto di donna che sposa uomo, invece, si usa il verbo "nubo" seguito dal dativo: letteralmente vuol dire "velarsi per qualcuno", altro riferimento a un'azione del rito del matrimonio.

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Pensate che per loro "natura" è "rerum natura", letteralmente "la natura, l'origine delle cose".

Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas,

alma Venus, caeli subter labentia signa
quae mare navigerum, quae terras frugiferentis
concelebras, per te quoniam genus omne animantum
concipitur visitque exortum lumina solis.

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Ospite

"Ogni cinque anni", per esempio, si dice "Sesto quoque anno" (lett. in ciascun sesto anno). Anche questo, pensandoci, ha un suo perché.

 

Perché ogni sesto?

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Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas,
alma Venus, caeli subter labentia signa
quae mare navigerum, quae terras frugiferentis
concelebras, per te quoniam genus omne animantum
concipitur visitque exortum lumina solis.

Stop pls, devo impararmi la traduzione per la verifica di giovedì.

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Perché ogni sesto?


Perché in italiano consideriamo l'intervallo di tempo (5 anni), in latino l'anno in cui l'intervallo termina e ne comincia un altro (il sesto).

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Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas,
alma Venus, caeli subter labentia signa
quae mare navigerum, quae terras frugiferentis
concelebras, per te quoniam genus omne animantum
concipitur visitque exortum lumina solis.

That Lucrezio, much Venere

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Ospite

Perché in italiano consideriamo l'intervallo di tempo (5 anni), in latino l'anno in cui l'intervallo termina e ne comincia un altro (il sesto).

 

Ma è incorretto. Una cosa è "ogni 5 anni" e un'altra "in ciascun sesto anno"
 

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Ma è incorretto. Una cosa è "ogni 5 anni" e un'altra "in ciascun sesto anno"
 

 

Il latino dice "in ciascun sesto anno", l'italiano "ogni cinque anni". Prendila come un'espressione idiomatica, è intraducibile letteralmente. 

Sai quante se ne trovano?

Ti dirò, comunque, che non è una regola aumentare di un'unità il numero. Di solito si fa così, ma ci sono anche casi in cui non si rispetta la regola (e come faccio sapere se il costrutto viene applicato o meno? Boh, il Tantucci - LA grammatica latina - dice così).

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Aggiunto qualcosa su volitive e cum e il congiuntivo. Nei prossimi giorni parleremo di strutture participiali, perifrastiche, completive di altro genere.

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Aggiunto qualcosa su volitive e cum e il congiuntivo. Nei prossimi giorni parleremo di strutture participiali, perifrastiche, completive di altro genere.

Alex basta parlare di Latino a quest'ora, fra cinque minuti inizia il Musichione. Corri davanti alla TV!

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Alex basta parlare di Latino a quest'ora, fra cinque minuti inizia il Musichione. Corri davanti alla TV!

 

Stavo ingannando il tempo :asd:

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Stavo ingannando il tempo :asd:

A proposito del tempo, quando studierai Seneca vedrai che ne ha delle cose interessanti da dire a riguardo. Lui e Orazio sono quelli che si pongono più il problema (anche Catullo).

 

Da Seneca:

Mi stupisco sempre quando vedo alcuni chiedere tempo e quelli, a cui viene richiesto, tanto accondiscendenti; l’uno e l’altro guardano al motivo per il quale il tempo viene richiesto, nessuno dei due alla sua essenza: lo si chiede come se fosse niente, come se fosse niente lo si concede. Si gioca con la cosa più preziosa di tutte; (il tempo) invece li inganna,poiché è qualcosa di incorporeo, perché non cade sotto gli occhi, e pertanto è considerato cosa di poco conto, anzi non ha quasi nessun prezzo. Gli uomini accettano assegni annui e donativi come cose di caro prezzo e in essi ripongono le loro fatiche, il loro lavoro e la loro scrupolosa attenzione: nessuno considera il tempo: ne fanno un uso troppo sconsiderato, come se esso fosse (un bene) gratuito. Ma guarda costoro (quando sono) ammalati, se il pericolo della morte incombe molto da vicino, avvinghiati alle ginocchia dei medici, se temono la pena capitale, pronti a sborsare tutti i loro averi pur di vivere: quanta contraddizione si trova in essi. Che se si potesse in qualche modo mettere davanti (a ciascuno) il numero di anni passati di ognuno, così come quelli futuri, come trepiderebbero coloro che ne vedessero restare pochi, come ne risparmierebbero! Eppure è facile gestire ciò che è sicuro, per quanto esiguo; si deve invece curare con maggior solerzia ciò che non sai quando finirà. E non v’è motivo che tu creda che essi non sappiano che cosa preziosa sia:: sono soliti dire, a coloro che amano più intensamente, di essere pronti a dare parte dei loro anni. Li danno e non capiscono: cioè li danno in modo da sottrarli a se stessi senza peraltro incrementare quelli. Ma non si accorgono proprio di toglierli; perciò per essi è sopportabile la perdita di un danno nascosto. Nessuno (ti) restituirà gli anni, nessuno ti renderà nuovamente a te stesso; la vita andrà per dove ha avuto principio e non muterà né arresterà il suo corso; non farà alcun rumore, non lascerà nessuna traccia della propria velocità: scorrerà silenziosamente; non si estenderà oltre né per ordine di re né per favor di popolo: correrà così come ha avuto inizio dal primo giorno, non cambierà mai traiettoria, mai si attarderà. Cosa accadrà? Tu sei tutto preso, la vita si affretta: nel frattempo si avvicinerà la morte, per la quale, volente o nolente, bisogna avere tempo.

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A proposito del tempo, quando studierai Seneca vedrai che ne ha delle cose interessanti da dire a riguardo. Lui e Orazio sono quelli che si pongono più il problema (anche Catullo).

Da Seneca:
Mi stupisco sempre quando vedo alcuni chiedere tempo e quelli, a cui viene richiesto, tanto accondiscendenti; l’uno e l’altro guardano al motivo per il quale il tempo viene richiesto, nessuno dei due alla sua essenza: lo si chiede come se fosse niente, come se fosse niente lo si concede. Si gioca con la cosa più preziosa di tutte; (il tempo) invece li inganna,poiché è qualcosa di incorporeo, perché non cade sotto gli occhi, e pertanto è considerato cosa di poco conto, anzi non ha quasi nessun prezzo. Gli uomini accettano assegni annui e donativi come cose di caro prezzo e in essi ripongono le loro fatiche, il loro lavoro e la loro scrupolosa attenzione: nessuno considera il tempo: ne fanno un uso troppo sconsiderato, come se esso fosse (un bene) gratuito. Ma guarda costoro (quando sono) ammalati, se il pericolo della morte incombe molto da vicino, avvinghiati alle ginocchia dei medici, se temono la pena capitale, pronti a sborsare tutti i loro averi pur di vivere: quanta contraddizione si trova in essi. Che se si potesse in qualche modo mettere davanti (a ciascuno) il numero di anni passati di ognuno, così come quelli futuri, come trepiderebbero coloro che ne vedessero restare pochi, come ne risparmierebbero! Eppure è facile gestire ciò che è sicuro, per quanto esiguo; si deve invece curare con maggior solerzia ciò che non sai quando finirà. E non v’è motivo che tu creda che essi non sappiano che cosa preziosa sia:: sono soliti dire, a coloro che amano più intensamente, di essere pronti a dare parte dei loro anni. Li danno e non capiscono: cioè li danno in modo da sottrarli a se stessi senza peraltro incrementare quelli. Ma non si accorgono proprio di toglierli; perciò per essi è sopportabile la perdita di un danno nascosto. Nessuno (ti) restituirà gli anni, nessuno ti renderà nuovamente a te stesso; la vita andrà per dove ha avuto principio e non muterà né arresterà il suo corso; non farà alcun rumore, non lascerà nessuna traccia della propria velocità: scorrerà silenziosamente; non si estenderà oltre né per ordine di re né per favor di popolo: correrà così come ha avuto inizio dal primo giorno, non cambierà mai traiettoria, mai si attarderà. Cosa accadrà? Tu sei tutto preso, la vita si affretta: nel frattempo si avvicinerà la morte, per la quale, volente o nolente, bisogna avere tempo.


Beh, Seneca non era mica un pirla, era il tutor di Nerone.
Comunque lo studierò in quinta.

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Beh, Seneca non era mica un pirla, era il tutor di Nerone.

Infatti Nerone è uscito pazzo e piromane

[spoiler]Scherzo, so bene che fu per colpa di Zio Caly e mammasa[/spoiler]

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Beh, Seneca non era mica un pirla, era il tutor di Nerone.
Comunque lo studierò in quinta.



Ti ano alla follia alexmela.

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